L’Appassimento è il processo di parziale disidratazione naturale delle uve per ottenere nel vino una maggiore concentrazione di colori, profumi e sapori. Poiché le uve parzialmente appassite hanno anche una più alta concentrazione di zuccheri, questo sistema è in molti casi applicato per ottenere vini dolci o molto concentrati. In Veneto, dove la tecnica risale ai tempi degli antichi romani, l'appassimento è normalmente utilizzato anche per la produzione di vini secchi, rendendoli corposi, complessi e relativamente alcolici. Interamente composto da uve lasciate appassire per lungo tempo, l'Amarone è l'espressione suprema del genere, mentre il Recioto è il suo tradizionale omologo in versione dolce.
Le uve adatte per l'appassimento devono essere perfettamente sane, con grappoli non troppo compatti.
L'appassimento delle uve da vino può avvenire in vari modi. Convenzionalmente si possono individuare due grandi categorie: l’appassimento su pianta e l’appassimento in altri ambienti.
Nel primo caso le uve vengono lasciate appassire sulla pianta (vedi foto qui sotto), nel secondo, invece, le uve vengono raccolte e poi fatte appassire su graticci esposti al sole o in appositi ambienti o celle artificiali in cui è possibile monitorare temperatura e grado di umidità affinché il processo avvenga senza intoppi.
Questa distinzione è di vitale importanza perché a seconda del metodo utilizzato si ottengono uve e poi vini con caratteristiche differenti. Con l'appassimento sulla pianta, l'uva continua a ricevere sostanze nutrienti dalla pianta stessa. Di conseguenza, il contenuto di acqua diminuisce, quello di zuccheri e altre sostanze non solo si concentra, ma aumenta. Se invece le uve sono fatte appassire dopo la raccolta, la pianta non può più rifornire il frutto e, quindi, la quantità di acqua diminuisce, quella di zuccheri si concentra ma rimane sostanzialmente la stessa. Questo non significato che una tecnica sia migliore dell’altra, tutto dipende dalle scelte del produttore e dal tipo di vino che intende produrre.
Alla famiglia dell’appassimento su pianta appartengono, ad esempio, le “uve surmature” da vendemmia tardiva lasciate maturare sulla pianta più a lungo del solito per favorire la disidratazione delle bacche e l’aumento della concentrazione zuccherina. O ancora, le uve possono essere lasciate appassire sulla pianta fino ad inverno inoltrato in modo tale che l’alternanza tra gelate e disgelo possa disidratare l’acino, concentrando gli zuccheri. Si producono in questo modo i cosiddetti Ice Wine. Infine, nella categoria delle uve appassite su pianta rientrano anche quelle attaccate da “muffa nobile”, nota come “Botrytis Cinerea”, un fungo parassita che favorisce l’evaporazione dell’acqua e aumenta il contenuto di zuccheri e di sostanze aromatiche negli acini. I vini che si ricavano sono considerati di particolare pregio e valore.
Alla seconda categoria, quella in cui l'appassimento avviene dopo la raccolta, appartengono le uve da appassimento naturale. Con questa espressione ci si riferisce alla tecnica classica, con le uve lasciate appassire, dopo la vendemmia, su graticci esposti al sole o in “locali naturali” chiamati fruttai, collocati in zone ventose per asciugare e disidratare le uve. All’interno di questa famiglia rientrano anche le uve da appassimento artificiale, ovvero fatte appassire in locali artificiali e tecnologici in cui è possibile modificare e intervenire su condizioni come temperatura e vento per favorire l’appassimento.
Queste tecniche vengono utilizzate principalmente per la produzione di vini passiti dolci (più raramente secchi come nel caso dell’Amarone, dello Sforzato di Valtellina o di altri vini in tutta Italia), soprattutto vini da dessert o vini da meditazione. Le versioni secche da giovani si abbinano bene con carni rosse e alla griglia. In seguito, con la selvaggina e cacciagione, arrosti, formaggi stagionati e zuppe ricche.